Quesito e precognizioni - Angelo Thio

Traduzione e introduzione di Cesare Daquino dell’opera “Quesito e precognizioni” di Angelo Thio, filosofo Salentino del secolo XVI°, originario di Morciano di Leuca, Lecce - Italia.


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Epilogo

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EPILOGUS 

 

Et quoniam tres sunt partes artis, duae necessariae, scilicet prohemium et tractatus, altera autem ad bene esse, scilicet epilogus, sit enim ad memoriam tantum, et ideo epilogare non erit inutile; quomodo autem fiat epilogus, clarius diximus in nostro opusculo De peritia artis. Primo igitur dicimus rem consideratam (ut omnibus patere poterit) in hoc libro Praedicamentorum esse ipsa praedicamenta, modus autem considerandi, in quantum res et entia sunt, sic enim sunt horum diffinitiones, sic etiam proprietates his attributae, sic etiam diffinit metaphisicus, sic igitur considerantur ista in quantum entia sunt. 

Ex hoc sequitur librum hunc non esse logicum quoniam ista sunt species entis, de quo simul cum eius speciebus in metaphisica, haec igitur consideratio metaphisicalis non autem logicalis. Tum quoniam non est aliquid rei necessario consideratae in logica, cum nec principia, nec partes, neque passiones subiecti totalis huius facultatis. Patet hoc etiam, quoniam non continentur sub modo considerandi proprio ipsius logices, sine quo nullum habetur rei commercium in arte, idem iterum confirmatur; nam res logicales sunt secundo intellecta, sicuti non sunt huiusmodi haec autem prima neque in huius artis consideratione cadere possunt, cum in hoc libro non universalia, vel regulae universales ipsius logices declarentur. Neque aliquo modo necessaria. Nam vel ut nomina vel ut termini vel ut species terminorum considerari poterint. Quod totum peregit Aristoteles in aliis logices libris, superflua igitur iudicamus, tum etiam non ex fine logico sunt inventa. Nemo igitur sani capitis non superflua iudicabit, cum de simplicioribus satis peractum sit in libris Perihermeneias. 

Unde dicimus vel nihil, vel si qua pauca sit, hanc esse putamus utilitatem, quoniam exemplificantur regulae logicales in his terminis ne penitus ipsis ut ignotis utamur; tantum igitur logicae inservire videntur. 

Ex quo quidem inferimus ante totam logicam ponendum esse librum istum, cum, istis prius cognitis omnia logicalia declarentur. Quibus epilogatis longiusque supra pertractatis addamus reliquas praecognitiones ad complendum illa quae dicit Averroes (499). 

EPILOGO 

 

Poiché le parti dell’arte sono tre, due necessarie – cioè il proemio e il trattato –, mentre l’altra serve per ben concludere, cioè l’epilogo, infatti è fatto soltanto per ricordare, perciò non sarà inutile epilogare; in che modo poi avvenga l’epilogo, lo abbiamo detto più chiaramente nel nostro opuscolo "Sulla conoscenza dell’arte". Per prima cosa, dunque, noi diciamo che la cosa considerata (come potrà essere chiaro a tutti) nel libro delle "Categorie" è costituita dalle stesse categorie, dal modo di considerare, in quanto si tratta di cose e di enti; così, infatti, sono le loro definizioni, così anche le proprietà attribuite alle categorie, così anche definisce il metafisico, perciò così vengono considerate queste cose in quanto enti. 

Di qui segue che questo libro non è logico, poiché queste cose sono le specie dell’ente: dell’ente e delle sue specie viene trattato nella metafisica, per cui questa considerazione è metafisicale, non logicale. Non è qualcosa necessariamente considerata nella logica, in quanto non sono in gioco né i principi, né le parti, né le passioni dell’oggetto totale della facoltà logica. E’ evidente anche ciò, poiché queste cose non sono contenute sotto il modo proprio di considerare della stessa logica, senza il quale non si ha alcun commercio dell’arte; la stessa cosa viene di nuovo confermata. Infatti le cose logicali sono i "secundo intellecta", nel mentre le cose sopra indicate non sono di tal guisa e non possono rientrare nella considerazione di quest’arte, dal momento che nel libro in oggetto non vengono illustrati gli universali o le regole universali della stessa logica. Né queste cose sono in qualche modo necessarie: infatti potranno essere considerate o come nomi o come termini o come specie di termini. Poiché Aristotele ha trattato esaustivamente tutto negli altri libri di logica, riteniamo superflue queste cose che sono state ottenute non sulla base di un fine logico. Nessuno, dunque, sano di mente giudicherà non superflue queste cose, essendo stato abbastanza trattato delle cose più semplici nel libro "Perihermeneias"

Per questo o non diciamo niente oppure, se c’ è qualche piccola cosa, la riteniamo un’utilità, poiché vengono esemplificate le regole logicali in questi termini affinché non ci serviamo del tutto di dette regole come ignote; esse stesse, dunque, sembrano essere utili soltanto alla logica. 

Di qui invero deduciamo che questo libro deve essere collocato prima di tutta quanta la logica, perché mediante queste precognizioni vengono spiegate tutte quante le cose logicali. A tali cose epilogate e precedentemente approfondite aggiungiamo le rimanenti precognizioni per completare quello che dice Averroè (499). 


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