DE DIVISIONE
Quid sit divisio alias diximus, et quomodo
fiat, scilicet quod ars vel liber dividitur ad divisionem rei
consideratae; nam si scientia et liber est unus per unitatem
subiecti, ergo et dividitur ad eius divisionem. Primo igitur
dividitur in duas partes iste liber, in prohemium et tractatum;
prohemium est primum cap., tractatus dividitur ad divisionem
subiecti, et cum quinque sint res consideratae, merito et in
quinque partes dividitur iste liber. Reliqua autem pars est quasi
de accidentibus horum.
Proportio vero clarissima est huius libri per
ipsum met Porphirium, cum dicat hunc librum esse introductorum ad
totam logicam, habet igitur hanc proportionem, scilicet servi ad
dominum, et eius quod est ante finem ad ipsum finem.
De nomine vero libri et Authoris non est
nostrum, sed magis aliorum. Hoc unum solum, quod posset aliquis
dicere, praecognitio nominis (689) est principium
omnis agnitionis, ergo nomen libri et Authoris ante omnia
praecognoscenda. Ad quod ex regulis supra sumptis facile est
nobis respondere, quid nominis rei addiscendae vel subiecti est
necessario et ante omnia praecognitio, non autem authoris vel
libri. Et sic verificatur ille textus, omnis doctrina fit ex
praeexistenti cognitione esse et quid nominis subiecti et rei
addiscendae, non autem Authoris vel libri.
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LA DIVISIONE
Abbiamo già detto altrove che cosa sia
la divisione e in che modo si verifichi, nel senso che
un’arte o un libro si divide secondo la divisione della
cosa considerata; infatti, se la scienza e il libro sono un
tutt’uno in forza dell’unità
dell’oggetto, conseguentemente si dividono secondo la
divisione di quello. In primo luogo, dunque, questo libro si
divide in due parti, proemio e trattato; il proemio è il
primo capitolo; il trattato si divide in base alla divisione
dell’oggetto, e poiché le cose considerate sono
cinque, a ragione questo libro si divide in cinque parti.
L’ultima parte riguarda i loro accidenti.
Chiarissima invero è la proporzione di
questo libro grazie allo stesso Porfirio; quando costui dice che
detto libro è propedeutico a tutta quanta la logica, ha
questa proporzione, ossia quella del servo rispetto al padrone,
quella di ciò che è prima del fine rispetto allo
stesso fine.
Intorno al nome del libro e dell’Autore
non spetta a noi, ma spetta di più ad altri.
Spiegherò solo ciò che qualcuno potrebbe dire: la
precognizione nominale (689)
è il principio di ogni conoscenza, quindi il nome del
libro e dell’Autore deve venir prima di tutte le cose da
preconoscersi. A ciò, in base alle regole sostenute in
precedenza, per noi è facile rispondere: la precognizione
nominale della cosa che deve essere appresa o dell’oggetto
è necessariamente prima di ogni cosa, non la precognizione
dell’Autore o del libro. E così viene presentato
come vero quel testo: ogni dottrina si fonda su di una
preesistente conoscenza reale e nominale dell’oggetto e
della cosa da apprendere, non dell’Autore o del
libro.
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